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27 Marzo 2019Mediazione senza le parti, solo gli Avvocati: giudizio improcedibile
9 Dicembre 2019
di Nestore Thiery
Prime riflessioni sulla sentenza della Cassazione, III Sezione Civile, nr. 8473 del 27 marzo 2019
La sentenza in esame, la prima che affronta in maniera centrale e non incidentale, gli aspetti più controversi della disciplina della mediazione obbligatoria, si concentra su tre questioni giuridiche:
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Se ai fini dell’assolvimento della condizione di procedibilità sia indispensabile la presenza della parte agli incontri di mediazione;
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Se ed in che modo la parte, ivi compresa quella convocata, possa delegare al proprio difensore o a terzi la comparizione agli incontri di mediazione.
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Quando il tentativo di mediazione obbligatoria possa dirsi utilmente concluso al fine di ritenere soddisfatta la condizione di procedibilità.
I Giudici della Suprema Corte, in maniera alquanto frettolosa hanno bollato come forzatura la creazione di una cultura di risoluzione alternativa delle controversie mediante l’imposizione delle mediazione obbligatoria operata dal legislatore delegato con effetto dal marzo 2011. Sarebbe stato ad avviso di chi scrive più corretto da parte della Suprema Corte, in questa prima disamina degli ermellini sulla mediazione obbligatoria, disegnare preliminarmente il più ampio quadro normativo europeo da cui la mediazione obbligatoria trae origine per inquadrare al suo interno lo sforzo del legislatore delegato.
In tale ottica, sarebbe stato utile, prima di entrare nel merito delle questione giuridiche, ripercorrere rapidamente i considerando della direttiva nr 52 del 2008, in particolar modo il V° considerando, in modo da dare all’esegeta di riconoscere nella mediazione come uno dei metodi, al pari di quello giudiziale, per garantire il miglior accesso alla giustizia.
Nonostante il metodo di approccio non sia stato del tutto esente da critiche, la sentenza fissa alcuni punti fermi in materia di mediazione obbligatoria che larga parte della dottrina e della giurisprudenza avevano già prevalentemente ridefinito.
La Corte parte la sua disamina da una considerazione certamente condivisibile: “Il successo della mediazione è riposto nel contatto diretto tra le parti e il mediatore professionale, il quale può attraverso la interlocuzione diretta ed informale con esse, aiutarle a ricostruire i loro rapporti pregressi, ed aiutarle a trovare una soluzione” “prima che le rispettive posizioni delle parti risultassero irrigidite dalle posizione processuali assunte e dalle linee difensive adottate”.
Si comprende da questa affermazione come l’attenzione della Suprema Corte si sia incentrata sulla mediazione obbligatoria espletata prima di un eventuale processo e non durante una causa come nel caso della mediazione disposta dal Giudice, per la quale – ad avviso di chi scrive – l’assolvimento della condizione di procedibilità in relazione alla presenza personale delle parti assume contorni differenti.
La Corte richiama il dato letterale dell’art. 8 del D.Lgs. 28/2010.
“Al primo incontro davanti al mediatore debbono essere presenti sia le parti che i loro avvocati.”
Quindi la risposta al primo quesito è affermativa. L’interpretazione letterale dell’art. 8 citato non lascia dubbi sul carattere personale della partecipazione della parte al primo incontro e a quelli successivi.
A questo punto si passa a verificare se tale attività sia delegabile o meno.
Anche in questo caso la risposta è affermativa.
La parte ha il potere di sostituire a sé stesso qualcun altro per la partecipazione alla mediazione conferendo tale potere con procura speciale sostanziale.
Resta da comprendere quale sia la portata di tale affermazione e cioè quali caratteristiche debba avere la procura speciale affinché sia idonea a legittimare la presenza di un rappresentante della parte in mediazione.
I giudici di legittimità, innanzitutto chiariscono che non è escluso dalla legge che il rappresentate della parte sia il difensore della parte medesima, ma specificano che la procura alle liti conferita al difensore ha valenza solo all’interno del processo. Per questo motivo, sottolineano gli ermellini, “se la parte sceglie di farsi sostituire dal difensore, la procura speciale rilasciata allo scopo non può essere autenticata dal difensore perché il conferimento del potere [sostanziale] di partecipare in sua sostituzione alla mediazione non fa parte dei possibili contenuti della procura alle liti autenticabile direttamente dal difensore”. Il richiamo è certamente all’art. 83 c.p.c.
Ne deriva, pertanto, che da un punto di vista sostanziale la procura speciale idonea alla mediazione non può essere la procura alle liti anche se ampliata dal potere di conciliare e transigere la controversia, questo perché il potere di disporre dei diritti sostanziali oggetto del procedimento di mediazione non rientra nei possibili contenuti della procura alle liti.
Nel caso sottoposto all’attenzione della Corte, infatti, il difensore aveva sostituito la parte con procura alle liti autenticata dal notaio e la Corte ha – correttamente – ritenuto che per quanto ampio fosse il contenuto della procura comprensiva di ogni potere giudiziale e stragiudiziale ad anche del potere di conciliare la controversia fosse comunque una procura che non attribuiva all’Avvocato la rappresentanza sostanziale della parte.
La Corte, inoltre, sottolinea che la procura speciale con cui la parte conferisce ad un terzo il potere di rappresentarlo nel procedimento di mediazione, non avendo il medesimo contenuto della procura alle liti, non rientra nei poteri di autentica dell’Avvocato, riconoscendo di fatto che tale procura speciale sostanziale necessiti dell’autentica. Potere di autentica che – evidenzia la Corte – l’Avvocato non ha nemmeno se la procura è conferita al professionista medesimo.
Alla luce delle summenzionate considerazioni, la procura speciale sostanziale con la quale la parte conferisce al proprio difensore o ad un terzo il potere di essere rappresentato in mediazione ha, secondo il dettato della Corte, due caratteristiche:
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sostanziale, deve prevedere il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali oggetto del procedimento di mediazione.
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formale, deve essere redatta sotto forma di scrittura privata autenticata dal notaio.
L’ultima questione esaminata dalla Corte è relativa al tipo di attività che la parte (istante) debba compiere per ritenere assolta la condizione di procedibilità. E cioè se dopo l’attivazione del procedimento sia indispensabile che la parte istante compaia al primo incontro e dichiari di voler dar corso alla mediazione o se legittimamente la parte istante possa comparire e liberamente manifestare il proprio parere negativo sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione.
Il primo dato positivo è che quantomeno viene dato atto che – ai fini dell’assolvimento della condizione di procedibilità – la parte istante debba comparire al primo incontro. Circostanza questa di non poco conto considerata la pressi scellerata di alcuni organismi di mediazione di rilasciare dei verbali negativi con la sola attivazione del procedimento e senza la presenza della parte istante al primo incontro.
Altro dato positivo è quello relativo al compenso del Mediatore per l’attività svolta al primo incontro. La Corte chiarisce la portata dell’art. 8 cit. e distingue due fasi del primo incontro e di quelli successivi: una fase preliminare e una fase – eventuale e successiva – di discussione.
Nella fase preliminare il Mediatore informa le parti sulla natura della mediazione, sulle modalità di svolgimento e chiede alle parti medesime ed ai rispettivi difensori di esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione.
Qualora le parti si esprimano positivamente sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione, si dà inizio alla fase di discussione e si entra nel merito dell’oggetto della mediazione e solo in questo caso sono dovute le spese di mediazione.
Anche questa considerazione è utile se si considera che capita molto spesso che il Mediatore, durante il primo incontro, ottenga dalle parti l’assenso a proseguire la procedura di mediazione e sempre durante il primo incontro dia inizio alla fase di discussione. Accade che il primo incontro poi si concluda con un mancato accordo e le parti si rifiutino di corrispondere le spese di mediazione richiamando l’art. 17 comma 5 ter che prevede che in caso di mancato accordo al primo incontro non nulla è dovuto all’organismo di mediazione.
E’ di tutta evidenza che, come stabilito dalla Corte, non è dovuto il compenso al Mediatore qualora la procedura si arresti alla sola fase preliminare, mentre sono dovute se le parti, all’esito della fase preliminare, danno il via al procedimento di mediazione.
Del tutto criticabile è invece il ragionamento della Corte in base al quale la condizione di procedibilità si ritiene assolta anche se la parte istante, presente personalmente al primo incontro di mediazione, dichiari di non voler proseguire.
Sul punto è essenziale richiamare ancora una volta la fase preliminare del primo incontro di mediazione delineata dalla Corte e prevista dal citato art. 8. “Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla – possibilità – di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento.”
Laddove il legislatore avesse voluto attribuire alle parti un diritto potestativo in ordine alla prosecuzione della procedura di mediazione avrebbe usato il termine “volontà” in luogo di “possibilità”. L’unica accezione del termine “possibilità” che l’ordinamento può accettare in ragione anche del richiamo all’art. 12 delle preleggi è quello di “possibilità giuridica” cioè come verifica delle condizioni per poter utilmente proseguire la procedura.
La fase preliminare del primo incontro, infatti, non è solo il momento in cui le parti, i rispettivi difensori vengono informati sulla natura della mediazione e sulle modalità di svolgimento, ma è anche il momento in cui si verifica se vi siano le condizioni per poter iniziare la procedura di mediazione. Ed allora, la mancata comparizione di una parte necessaria renderebbe impossibile l’inizio della procedura di mediazione come nel caso, ad esempio, di una mediazione avente ad oggetto una divisione ereditaria in cui non compaia uno dei coeredi. La presenza di un rappresentante di una delle parti privo dei poteri sostanziali è circostanza che può rendere impossibile la prosecuzione del tentativo.
Ne consegue che contraddittoria con l’art. 5 comma 2 bis del D.Lgs. 28/2010 appare l’affermazione della Corte secondo cui “Se anche il convenuto compare ed è l’attore che dichiara di non intendere impegnarsi nella mediazione deve ritenersi che il mediatore debba prenderne atto e che l’attività si concluda anche in questo caso al termine dell’incontro preliminare, che la mediazione sia stata esperita e che abbia dato esito negativo, e che quindi la condizione di procedibilità sia soddisfatta”.
Non può infatti affermarsi che “la mediazione sia stata esperita” e che quindi sia stata assolta la condizione di procedibilità, allorquando la procedura si è fermata alla sola fase preliminare, con le parti che non hanno prestato il proprio assenso alla prosecuzione della procedura e con il Mediatore che ha solo svolto un’attività informativa e di verifica dei poteri senza entrare nella discussione dell’oggetto della mediazione.
Si confida che in futuro, la Suprema Corte faccia tesoro della copiosa giurisprudenza di merito che sul punto ha indicato soluzioni interpretative coerenti con la natura informale del procedimento e volte a rendere effettivo e non dilatorio il tentativo obbligatorio.
Seguono in conclusione i principi di diritto enunciati dalla Corte.
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nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal D.Lgs. n. 28 del 2010 e successive modifiche, è necessaria la comparizione personale delle parti davanti al mediatore, assistite dal difensore;
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nella comparizione obbligatoria davanti al mediatore la parte può anche farsi sostituire da un proprio rappresentante sostanziale, eventualmente nella persona dello stesso difensore che l’assiste nel procedimento di mediazione, purché dotato di apposita procura sostanziale;
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la condizione di procedibilità può ritenersi realizzata al termine del primo incontro davanti al mediatore, qualora una o entrambe le parti, richieste dal mediatore dopo essere state adeguatamente informate sulla mediazione, comunichino la propria indisponibilità di procedere.
Avv. Nestore Thiery